mercoledì 20 gennaio 2010

Gita a Berlino, e una nota particolare sul monumeto all'olocausto

Durante il superponte di S. Ambrogio siamo andati a Berlino. A questo indirizzo c'è una selezione delle belle foto che Anna ha scattato.
Non ero mai stato in Germania se non di passaggio e avevo aspettative molto elevate rispetto a questa gita.
Devo dire che sono state rispettate al 100%: Berlino è una città incredibile, dove ad ogni passo incontri un edificio stupefacente. Sotto il profilo architettonico è quasi come passeggiare per un immenso museo di architettura contemporanea, ci sono palazzi griffati dalle più famose archistar di tutto il mondo e sono bellissimi (soprattutto per chi come me ama vetro e acciaio!).
Inoltre c'è un rapporto profondissimo tra città e verde, con parchi cittadini smisurati, i prati...insomma, bello. Gli spazi in generale sorprendono per le loro dimensioni, per chi è abituato agli asfittici spazi milanesi (ma non solo: le città italiane soffrono molto spesso di questo problema) è notevole vedere l'abbondanza di spazi vuoti che la città offre (ad esempio, arrivando alla stazione centrale - costruzione mirabile tutta di vetro, in cui si vedono i treni entrare, incrociarsi su piani diversi ed uscire - si deve attraversare un prato che sembra immenso).
Aggiungiamo a questo quadro idilliaco la presenza (massiccia e abbondante) dei mercatini di Natale, luminosi, divertenti, opulenti e il sentimento di amore profondo in me suscitato dall'esistenza di gluwein (vin brulé) e bratwurst da mezzo metro...insomma, una vacanzina indimenticabile!
La presenza/assenza del muro è fonte di continua emozione visitando Berlino, tutto sembra richiamare i tempi in cui non si poteva attraversare la cortina che feriva mortalmente al cuore questa città. Il tracciato originale è segnato da mattonelle, alcuni settori sono ancora esistenti (il pezzo di muro più lungo esistente è oggi una galleria d'arte all'aria aperta - la east side gallery) ed in generale ove possibile viene sottolineata l'assenza di questa ingombrante barriera.
Un'altra presenza ingombrante, che si percepisce quasi fisicamente attraverso la ricostruzione della città è ovviamente quella del nazismo. Ed in particolare dell'olocausto. Berlino sembra essere riuscita a elaborare il lutto, anche attraverso l'architettura: il museo ebraico di Libeskind è un edificio che non puoi non notare, ed è estremamente simbolico anche ad un'osservazione superficiale.


Detto questo, c'è un monumento che più di tutti mi ha colpito ed impressionato in città, è il monumento all'olocausto, dell'architetto americano Peter Eisenmann, inaugurato nel 2004, a due passi dalla Porta di Brandeburgo, quindi nel cuore simbolico della città. 
Il monumento è una grande distesa di blocchi di cemento (sono più di duemila) di altezza variabile, poggiati su un pavimento movimentato, con salite e discese. Altezza e larghezza dei blocchi sono uniformi e così anche la distanza a cui sono posti l'uno dall'altro in un reticolo fitto (ma ci si passa senza problemi), attraversato da vie diritte (ma con costanti avvallamenti sul piano verticale). I blocchi di cemento dall'altro sembrano subito tombe, questo monumento è una distesa di lapidi. Entrando si ha subito un senso di angoscia, si percepisce subito che si sta per passeggiare tra le tombe. Avanzando poi questo sentimento si amplifica: la strada scende e pertanto l'altezza dei blocchi di cemento supera quella della tua testa. Inoltre si ha un forte senso di disorientamento: ogni fila (e la disposizione ordinata  sembra rassicurante!) è identica alla precedente, ci si sente persi, non si riesce a distinguere dove finisca, si capisce quanto sia facile perdere i propri punti di riferimento e perdersi. Io e Anna siamo entrati assieme, ma bastava spostarsi di un paio di file per sentirsi abbandonati, soli in mezzo alle lapidi. Il fatto poi che i blocchi siano così fitti impedisce di pre-vedere l'incrocio con altri visitatori, che ti compaiono letteralmente dinnanzi, o di fianco, facendoti sobbalzare. Impressionante. Ci siamo stati anche di notte, in una notte di pioggia, e entrambi ci siamo detti "entriamo, perché siamo in due, ma se fossimo da soli, non avremmo questo coraggio". Ed è proprio così, anche in due non siamo riusciti ad addentrarci troppo in questa foresta di pietre tombali, vinti dalla paura e dal sentimento di angoscia. 
Si è detto che questo monumento è per i tedeschi, e non per gli ebrei: lo credo anche io. Ma dico di più, non è solo per i tedeschi, è per chiunque: chiunque ci entri deve pensare a quanto accadde allora e riflettere su quanto è facile per l'uomo cadere nei drammatici errori di cui la nostra storia è costellata.

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